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Camatkarasana – La cosa selvaggia

La traduzione letterale di Camatkarasana dal sanscrito è: “L’estatico dispiegarsi di un cuore rapito”.

Camatkarasana favorisce prima d’ogni cosa l’apertura del cuore e fa sì che il petto protenda verso l’alto, quasi a volersi lasciar toccare da corde divine.

La mano poggia sulla terra, per sostenere il corpo nella posizione, mentre l’altra si estende verso l’alto. Un asana che rispecchia profondamente la natura dell’animo umano, in equilibrio tra Cielo e Terra, tra Corpo e Spirito, tra Manifesto e Non Manifesto. 

Questa posizione sprigiona un’energia pura, antica, libera dai vincoli e delle catene dell’Ego. Un’energia che permette di connettersi profondamente con le vibrazioni del Creato, pur mantenendo dei punti di contatto con la Terra, in un movimento fluido che ricorda proprio quello di una danza estatica. Per chi si approccia a questo asana per la prima volta, potrà trovarla di difficile esecuzione. In genere, si tratta di una posizione di transizione e il suo livello di difficoltà dipende in buona misura da noi, dal nostro grado di flessibilità e da quanto siamo presenti e consapevoli durante la pratica.

È una posizione che trasuda eleganza, forza, una particolare bellezza e si caratterizza per la sua capacità di restituirci per qualche momento un assaggio della nostra energia selvaggia, ancestrale. Un’energia che, anche se per qualche istante, ci riporta nelle più remote profondità della nostra anima antica, ricordandoci che in noi alberga la stessa energia che ha dato origine al Creato. Così come il dio Shiva ha dato vita al mondo danzando, il dinamismo di questo asana ci ricorda che è il movimento a consentirci di creare la realtà dei nostri sogni. Allo stesso modo, tra gli alti e i bassi della vita, fermarsi, anche in bilico tra cielo e terra, ci permette di praticare presenza e assaporare il brivido dell’energia vitale che scorre nelle nostre vene e permea non solo il nostro corpo, ma l’Universo intero.

— I benefici della posizione —

La Posizione selvaggia è ottima per aprire tutta la parte anteriore. Consente di elasticizzare molto anche le articolazioni di ginocchia, polsi e spalle.

A livello mentale rende coraggiosi e pronti.

Le controindicazioni

Bisognerebbe evitare la posizione nel caso in cui si abbiano problemi lombari, in gravidanza e sarebbe meglio iniziare ad approcciarla con l’aiuto di un’altra persona.

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Natarajasana

Natarajasana è “la posizione del signore della danza”, chiamata anche “posizione di Shiva”.

È un’asana che si ispira alla mitologia e alla cosmologia induista. Essa viene eseguita generalmente in due fasi, di cui una rappresenta la forma preparatoria. Si tratta di una postura armonica dal punto vista estetico, che assomiglia proprio a una danza.

Il nome di questa posizione yoga, Natarajasana, si rifà al culto di Shiva nella sua forma di Nataraja, “il signore della danza”.

Shiva Nataraja è una figura molto simbolica e importante nella cultura induista, poiché rappresenta l’unità e il ritmo dell’intera esistenza. Shiva Nataraja esprime l’eterno movimento tra creazione e distruzione. Tutto è dinamico e tutto è ciclico: si nasce, si muore, poi si rinasce.

In India è facile vedere la statua di Shiva Nataraja raffigurato danzante in un anello di fuoco: una rappresentazione che esprime proprio il flusso continuo di vita e morte.

La posizione di Shiva Nataraja indica anche equilibrio, poiché egli si sostiene con una sola gamba, mentre l’altra evoca la danza della creazione e della distruzione nell’universo.

I benefici di Natarajasana

  • Favorisce un migliore equilibrio psicofisico
  • Rafforza le gambe
  • Stimola l’allungamento delle cosce e dell’inguine
  • Migliora la concentrazione mentale
  • Armonizza il sistema nervoso

 

 

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Ci siamo anche quest’anno ! Riparti con noi …

La scoperta di sè implica il recupero della propria anima e la liberazione del proprio spirito.
Tre passi portano a questo
scopo.
– Il primo è la consapevolezza di sé, e ciò significa sentire ogni parte del proprio corpo e i sentimenti che possono sorgere in esso…
– Il secondo passo è l’espressione di sé.
Se i sentimenti non trovano espressione vengono repressi e l’individuo perde contatto con il sé. Quando si proibisce ai bambini di esprimere certi sentimenti, come la rabbia, o li si punisce perché li esprimono, i sentimenti vengono nascosti e alla fine diventano parte dell’oscuro mondo sotterraneo della personalità….
– Il terzo passo è la padronanza di sé. Ciò significa che l’individuo sa che
cosa sente, è in contatto con se stesso. Ha anche la capacità di esprimersi adeguatamente nel proprio interesse. Ha il dominio di se stesso.
Sono scomparsi i controlli inconsci originati dalla paura di essere se stesso. Sono scomparsi i sensi di colpa e la vergogna per quello che è e che sente. Sono scomparse anche le tensioni muscolari nel corpo, che bloccavano
l’espressione di sé e limitavano la consapevolezza.
Al loro posto c’è l’accettazione di sé e la libertà di essere.

A. Lowen
(La resa del corpo)